Per il vivo interesse che suscita e per la sua segreta bellezza, desideriamo presentare la nuova antologia di poeti ispanoamericani “Nell’imminenza del giorno” a cura di Tomaso Pieragnolo, gratuitamente scaricabile da questo link:
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Proponiamo qui una presentazione al volume scritta dallo stesso Pieragnolo per il nostro sito web. A seguire, alcune delle traduzioni antologizzate, dalle quali traspare tutta la ricchezza di tonalità stilistiche ed emotive degli autori ispanoamericani “ricreati” da Pieragnolo nella nostra lingua.
Ho iniziato a proporre traduzioni di poeti del Costa Rica nell’autunno del 2007 nella rivista online Sagarana, quando ancora in Italia la poesia di questo paese centroamericano era praticamente sconosciuta ed inedita. Il primo fu Jorge Debravo, morto nel 1967 all’età di 29 anni per un incidente stradale, con le poesie “Gli amanti” e “Poesia d’amore inevitabile”, intrise di passione celeste, terrena religiosità, fratellanza e amore. Seguirono Eunice Odio, con la sua raffinata, dolorosa spazialità e punte di personalissimo surrealismo, Laureano Albán, con un trasparente ed ipnotico onirismo, Julieta Dobles, con una toccante e quotidiana umanità, Alfonso Chase, con un realismo nostalgico ma fiducioso, ed altri ancora riuniti in questa antologia che racchiude parte delle traduzioni pubblicate online dal 2007 al 2013. Alcuni libri li incontrai durante le mie permanenze in Costa Rica iniziate nel 1990, altri mi furono donati dagli amici poeti, voci autorevoli dell’istmo.
Tutti i testi e gli autori proposti, al tempo della loro pubblicazione, erano inediti in Italia.
La poesia contemporanea del Costa Rica si inserisce pienamente nella scia più ampia della poesia ispanoamericana del Novecento, tutta tesa a trovare una propria lingua, una propria dimensione che non fosse epigona, lacerto della poesia europea. Più precisamente, a parte pochi autori che hanno intrapreso una strada più avanguardista in direzione del surrealismo e dell’onirismo, questi poeti prediligono un’attenzione acuta e penetrante all’intimità del ricordo, con uno stile colloquiale e quotidiano che però non esclude incursioni nella vitale fantasia dello spirito, giungendo, ognuno a proprio modo, ad un personale crepuscolarismo, a volte urbano, a volte agreste, più spesso esistenziale ed intimo. Nostalgia, memoria, paesaggio, evocazioni di luoghi e tempi reali, ripudio dell’insensatezza, sono nutrimenti di questa poesia, che fluisce sottilmente tra l’effusione del ricordo ed una delicata inquietudine, insistendo spesso su figure suscitate dall’amorosa attenzione al passato, giungendo alla testimonianza di una perdita, di un indefinito ma fiducioso disagio di vivere.
In ordine cronologico in base alle date della loro pubblicazione, ai poeti del Costa Rica affianco alcune traduzioni di poeti ispanoamericani che ho conosciuto o scoperto lungo la strada.
Molti dei testi raccolti in questa antologia sono stati ricercati, scelti e tradotti in collaborazione con Rosa Gallitelli, mia moglie; insieme abbiamo ideato e realizzato le quattro rubriche alla fine del libro, pubblicate nel 2011. A Rosa vanno la mia stima ed il mio ringraziamento, sempre troppo esiguo per la profusione del suo impegno.
Tomaso Pieragnolo
Alcuni testi tratti dall’antologia
JORGE DEBRAVO
1938 Guayabo de Turrialba, Costa Rica – 1967 San José, Costa Rica
NOI UOMINI
Vengo a cercarti, fratello, perché porto la poesia,
che è come portare il mondo sulle spalle.
Sono come un cane che ruggisce solo, latra
alle belve dell’odio e dell’angustia,
manda all’aria la vita nella metà della notte.
Porto sogni, tristezza, allegria, mansuetudini,
democrazie rotte come anfore,
religioni ammuffite fino all’anima,
ribellioni in germe che gettano lingue di fumo,
alberi che non hanno
sufficienti resine amorose.
Siamo senza amore, fratello mio,
ed è come essere ciechi in metà della terra.
Porto morti per impaurire tutti
coloro che giocano con le morti.
Vite per rallegrare i mansueti e i teneri,
speranze e uve per i dolenti.
Ma prima di tutto porto
un violento desiderio di abbracciare,
assordante e infinito
come una tormenta oceanica.
Voglio fare con le braccia
un solo lungo braccio
che circondi la terra.
E desidero che tutto, che la vita sia nostra
come l’acqua e il vento.
Che nessuno abbia altra patria che il vicino.
Che nessuno dica più la terra mia, la barca mia,
bensì la terra nostra, di Noi Uomini.
NOSOTROS LOS HOMBRES
Vengo a buscarte hermano, porque traigo el poema,
que es traer el mundo a las espaldas.
Soy como un perro que ruge a solas, ladra
a las fieras del odio y de la angustia,
echa a rodar la vida en mitad de la noche.
Traigo sueños, tristezas, alegrías, mansedumbres,
democracias quebradas como cántaros,
religiones mohosas hasta el alma,
rebeliones en germen echando lengua de humo,
árboles que no tienen
suficientes resinas amorosas.
Estamos sin amor, hermano mío,
y esto es como estar ciegos en mitad de la tierra.
Traigo muertes para asustar a todos
los que juegan con muertes.
Vidas para alegrar a los mansos y tiernos,
esperanzas y uvas para los dolorosos.
Pero traigo ante todo
un deseo violento de abrazar,
atronador y grande
como tormenta oceánica.
Quiero hacer con los brazos
un solo brazo dulce
que rodee la tierra.
Y deseo que todo, que la vida sea nuestra
como el agua y el viento.
Que nadie tenga nunca más patria que el vecino.
Que nadie diga más la finca mía, el barco mío,
sino la finca nuestra, de Nosotros los Hombres.
EUNICE ODIO
1919 San José, Costa Rica – 1974 Città del Messico
Poesia tratta dalla prima antologia italiana di Eunice Odio “Questo è il bosco” (Via del Vento, 2009 Pistoia), a cura di Tomaso Pieragnolo.
VORREI ESSERE BAMBINA
Io vorrei essere bambina
per accoppiare le nubi a distanza
(alte claudicanti della forma),
per giungere all’allegria delle piccole cose
e domandare,
come chi non lo conosce,
il colore delle foglie.
Com’era?
Per ignorare ciò che è verde,
il verde mare,
la risposta salubre del tramonto in ritirata,
il timido gocciolare degli astri
sul muro del vicino.
Essere la bambina
che cadeva d’improvviso
dentro un treno con angeli,
che arrivavano così, in vacanza,
a correre brevemente tra le uve,
o attraverso notturni
fuggiti da altre notti
di geometrie più alte.
Però adesso, che cosa devo essere?
Se mi sono nati questi occhi così grandi
e questi chiari desideri di sbieco.
Como potrò essere ora
quella che voglio io
bambina di verdi,
bambina vinta di contemplazioni
che cade da se stessa rosea
… se mi dolse moltissimo dire
per raggiungere nuovamente la parola
che fuggiva,
saetta scappata dalla mia carne,
e mi ha addolorato molto amare a tratti,
impenitente e sola
e parlare di cose incompiute,
tinte cose di bimbi,
di candore dissimulato,
o di semplici api
aggiogate a tristi rosari.
O essere colma di questi scatti
che mi cambiano il mondo a grande distanza.
Come potrò essere ora,
bambina in tumulto,
forma mutevole e pura,
o semplicemente, bambina alla leggera,
divergente in colori
e adatta per l’addio
in ogni momento.
YO QUISIERA SER NIÑA
Yo quisiera ser niña
para acoplar las nubes a distancia
(claudicadoras altas de la forma),
para ir a la alegría po lo pequeño
y preguntar,
como quien no lo sabe,
el color de las hojas.
¿Cómo era?
Para ignorar lo verde,
el verde mar,
la respuesta salobre del ocaso en retirada,
el tímido gotear de los luceros
en el muro del vecino.
Ser niña
que cayera de pronto
dentro de un tren con ángeles,
que llegaban así, de vacaciones,
a correr un poquito por las uvas,
o por nocturnos
fugados de otras noches
de geometría más altas.
Pero ya, ¿que he de ser?
Si me han nacido estos ojos tan grandes
y esos rubios quereres de soslayo.
Cómo voy a ser ya
esa que quiero yo
niña de verdes,
niña vencida de contemplaciones,
cayendo de sí misma sonrosada
…si me dolió muchísimo decir
para alcanzar de nuevo la palabra
que se iba,
escapada saeta de mi carne,
y me ha dolido mucho amar a trechos
impenitente y sola
y hablar de cosas inacabadas,
tintas cosas de niños,
de candor disimulado,
o de simples abejas,
enyugadas a rosarios tristes.
O estar llena de esos repentes
que me cambian el mundo a gran distancia.
Cómo voy a ser ya,
niña en tumulto,
forma mudable y pura,
o simplemente, niña a la ligera,
divergente en colores
y apta para el adiós
a toda hora.
LAUREANO ALBÁN
1942 Turrialba, Costa Rica.
Poesia tratta dalla prima antologia italiana di Laureano Albán “Poesie imperdonabi” (Passigli 2011) a cura di Tomaso Pieragnolo.
INVOCAZIONE DOLENTE
Il dolore è sempre
maggiore dell’uomo,
e ciò nonostante deve
entrargli nel cuore.
(Vladimir Holan)
Padre, come mi sta mancando
la tua forma di cadere,
la tua parcella di paura,
e questa ragione senza tregua d’essere villaggio
che sale dai tuoi occhi alla notte.
Come sanno d’erba deposta
il tuo nome senza città,
le reti screpolate delle tue mani.
Io, in solitario, ti dichiaro eroe,
ti nomino capitano delle dolcezze
smarrite e dolenti della terra,
ti abbraccio con la fretta dell’assenza,
e chiedo il tuo dolore, la tua piaga, il cieco
dono d’essere uomo rotto che mi manca.
Ho bisogno di cadere come cadesti
nella lenta atmosfera senza canti.
Ruotare sopra la terra
sotto i colpi continui
di cui nessuno conosce l’artefice.
E tacere, tacere
sotto la certezza della furia.
INVOCACIÓN DOLIENTE
El dolor siempre es
mayor que el hombre,
y sin embargo tiene
que caberle en el corazón.
(Vladimir Holan)
Padre, cómo me está faltando
tu forma de caer,
tu parcela de miedo,
y esa razón sin tregua de ser pueblo
que sube de tus ojos a la noche.
Cómo saben a yerba destronada
tu nombre sin ciudades,
las redes agrietadas de tus manos.
Yo, en solitario, te declaro héroe,
te nombro capitán de las ternuras
perdidas y dolientes de la tierra,
te abrazo con la prisa de la ausencia,
y pido tu dolor, tu llaga, el ciego
don de ser hombre roto que me falta.
Necesito caer como caíste
entre la lenta atmósfera sin cantos.
Rodar sobre la tierra
bajo golpes continuos
que nadie sabe quién los da.
Y callarme, callar
bajo la certidumbre de la furia.
JUAN CARLOS MESTRE
1957 Villafranca del Bierzo, León, Spagna.
PARLO CON TE
Parlo con te, ignoro dove sei, verso quale luce cerca il mio Essere
l’eco in cui ti ascolto.
Non c’è usura nella tua voce, io so che un’aria tersa ti respira, che
qualcosa che redime, una chiarità che trascina il fiume, porta
il tuo pensiero.
Parlo con te, un’intatta passione vive nel tuo fosforo, un’unica
luce che non si spegne mentre la morte fluisce, mentre la morte
soffre questa parola.
Io parlo, parlo con te al bordo di un vuoto, al bordo di me stesso
come colui che gira mutuo, come ciò che dentro noi
è prossimo e s’avvicina col suo fascio luminoso di purezza.
Parlo di fronte al destino che immagina l’uomo, di quello abbandonato,
di quello delirante e oscuro parlo con te. Ed è notte, è
notte in entrambi come metallo oscuro, e vediamo come lungamente
la verità estende il suo unico filo di saliva, un unico alfabeto
nel rumore di tutti.
Parlo con te, oh bontà compartita di chi è silenzioso,
ombra di quest’ombra che aleggia ed è volo di somigliante
eloquenza, colui che scrive, colui che ascolta, colui che foglio a foglio
infila nell’eco una voce che risponde, quella voce in me
stesso, quella che ci illumina e persuade da oltre la morte.
(traduzione di Rosa Gallitelli)
HABLO CONTIGO
Hablo con tigo, ignoro dónde estás, hacia qué luz busca mi Ser
el eco en que te escucho.
No hay usura en tu voz, yo sé que un aire limpio te respira, que
algo redentor, alguna claridad que arrastra el río, lleva el
pensamiento tuyo.
Hablo con tigo, una intacta pasión vive en tu fósforo, una única
luz que no se apaga mientras la muerte fluye, mientras la muerte
sufre esta palabra.
Y hablo, hablo con tigo, alrededor de un hueco, alrededor de mí
como el que gira mutuo, como aquel que dentro de nosotros
es próximo y se acerca con su haz luminoso de pureza.
Hablo ante el destino que imagina el hombre, eso de desvalido,
eso de delirante y turbio hablo con tigo. Y es de noche, es de
noche en los dos como metal oscuro, y vemos como largamente
la verdad extiende su único alfabeto en
el rumor de todos.
Hablo con tigo, oh bondad compartida de quien es silencioso,
sombra de esa sombra que aletea y es vuelo de semeyante
elocuencia, el que escribe, el que escucha, el que lámina a lámina
va enhebrando en el eco una voz que responde, esa voz en mí
mismo, la que nos alumbra y persuade desde más allá de la muerte.